Responsabilità del BLOGGER

Una recente sentenza del Tribunale di Aosta ha fatto il punto sulla responsabilità del gestore di un blog relativamente alla pubblicazione da parte di terzi di scritti offensivi e diffamatori.
Il Tribunale di Aosta, con sentenza del 25 maggio 2006, ha ritenuto che “Il gestore di un blog ha una posizione identica a quella di un direttore di testata giornalistica. Il medesimo ha infatti il totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore di giornale, ha il dovere di eliminare gli scritti offensivi. Il gestore di un blog risponde pertanto ex art. 596 bis c.p.” ai sensi del quale se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa, le disposizioni relative al reato di diffamazione si applicano anche al direttore o vicedirettore responsabile, all’editore e allo stampatore.
Anzitutto, va chiarito che il direttore del blog non è l’unico responsabile per gli scritti diffamatori, in quanto in prima persona risponderà l’autore degli scritti medesimi, secondo il principio della personalità del reato penale.
Il gestore del blog, invece, risponderà del reato di diffamazione per non aver impedito la pubblicazione o disposto la rimozione degli scritti contenenti espressioni diffamatorie, permettendo o agevolando la diffusione degli espressioni lesive dell’altrui onore e reputazione.
Equiparando il blog ad una testata giornalistica, diverrà pertanto ad esso applicabile la vasta normativa già esistente in tema di diffamazione a mezzo stampa e diverranno rilevanti le pronunce giurisprudenziali in argomento.
Per fare un po’ di chiarezza in argomento, è utile ricordare che in tema di diffamazione a mezzo stampa può essere riconosciuta l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca qualora vengano dal cronista rispettate le seguenti condizioni:

  1. che la notizia pubblicata sia vera;

  2. che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fati riferiti;

  3. che l’informazione venga mantenuta nei limiti della obiettività.

Questi principi, hanno rilevanza oltre che per il giornalista autore dell’articolo, anche per il direttore responsabile, con la differenza che per quest’ultimo deve farsi riferimento alla peculiare funzione del suo ruolo. Egli, infatti, oltre a vigilare a che nessuno venga offeso attraverso gli articoli del giornale, ha la funzione di disporre o quanto meno approvare, l’impaginazione e quindi la presentazione degli articoli, attraverso la loro disposizione nelle pagine, e la redazione grafica e letterale dei titoli. L’aggressività di alcune espressioni, usate da un giornalista o, da un intervistato, non comporta in modo automatico la responsabilità del direttore, ma va valutata la correttezza dell’informazione anche in relazione alle modalità di presentazione della notizia.
Ed infatti, la responsabilità del gestore di un blog, così come quella di un direttore di una testata giornalistica, per il reato di diffamazione trova il suo fondamento nella posizione di preminenza che egli riveste, che si estrinseca anche nell’obbligo di controllo, nel potere di censura e nella facoltà di sostituzione. Ne deriva che “sussiste l’ipotesi di reato proprio del direttore medesimo, quando egli ometta il dovuto controllo nell’ambito dell’esercizio dei menzionati poteri, volti ad impedire la consumazione di fatti penalmente rilevanti” (Cass. pen. sez. V 85/169149).

Gli articoli di legge rilevanti in tale ambito sono:

Art. 57 – Reati commessi col mezzo della stampa periodica
Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati [528, 565, 596bis, 683, 684, 685], è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.

Art. 57-bis – Reati commessi col mezzo della stampa non periodica
Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile.

Art. 58 – Stampa clandestina
Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se non sono state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica.

Art. 58-bis – Procedibilità per i reati commessi col mezzo della stampa
Se il reato commesso col mezzo della stampa è punibile a querela, istanza, o richiesta, anche per la punibilità dei reati preveduti dai tre articoli precedenti è necessaria querela, istanza o richiesta.
La querela, la istanza o la richiesta presentata contro il direttore o vice-direttore responsabile, l’editore o lo stampatore, ha effetto anche nei confronti dell’autore della pubblicazione per il reato da questo commesso.
Non si può procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se è necessaria una autorizzazione di procedimento per il reato commesso dall’autore della pubblicazione, fino a quando l’autorizzazione non è concessa. Questa disposizione non si applica se l’autorizzazione è stabilita per le qualità o condizioni personali dell’autore della pubblicazione.

Art. 595 – Diffamazione
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032 (lire due milioni).
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065 (lire quattro milioni).
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516 (lire un milione).
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Art. 596 – Esclusione della prova liberatoria
Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.
Tuttavia, quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l’offensore possono, d’accordo, prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì d’onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.
Quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale:
1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all’esercizio delle sue funzioni;
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento penale;
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità del fatto ad esso attribuito.
Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito, è [per esso] condannata dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non rendano per se stessi applicabili le disposizioni dell’articolo 594, comma primo , ovvero dell’articolo 595, comma primo.

Art. 596-bis – Diffamazione col mezzo della stampa
Se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57bis e 58.

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