“Se non mi dai i soldi ti lascio”: sembra una di quelle frasi da cinepanettone in cui una giovane e affascinante ragazza si approfitta dell’amore del suo ricco e anziano partner per ottenere denaro e una bella vita. Uno di quei cliché che oggi tanto ci fanno infastidire per quanto sono stereotipati ma che, purtroppo, avvengono anche nella vita reale. La corte di Cassazione infatti il 27 marzo 2024 nella sentenza n. 12633 ha spiegato che minacciare di troncare una relazione al fine di estorcere denaro è inquadrabile come reato di estorsione.
Estorsione: quando si configura
L’art. 629 del codice penale relativo al reato di estorsione prevede che “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000 [c.p. 29, 32].
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente”.
Per la Cassazione si configura estorsione quando, con la minaccia di lasciare il partner, si pretende che quest’ultimo consegni una specifica somma di denaro, essendo presente sia la minaccia che “l’ingiusto profitto con altrui danno” di cui parla la normativa. Per la giurisprudenza anche minacce velate e meno esplicite di “dammi i soldi o ti lascio” possono integrare il reato di estorsione se viene provata la loro capacità di incutere timore e limitare la volontà della vittima, parte lesa della coppia.
Ricatto affettivo per estorcere denaro: il caso
Nel caso esaminato dagli Ermellini un uomo era stato condannato nei primi gradi di giudizio per aver preteso la restituzione di somme di denaro dalla sua compagna, con la quale da tempo era legato da una relazione sentimentale, minacciando di lasciarla qualora non avesse “saldato il conto”.
Secondo i giudici le offese e le minacce provate durante il processo sono servite a testimoniare il ruolo prevaricatore dell’uomo. Inoltre, ricordano i giudici, il codice civile prevede espressamente un dovere di assistenza reciproca nei rapporti delle coppie sposate che, ormai da tempo, la giurisprudenza ha assodato doversi applicare anche per le coppie di fatto (come quella del caso in esame). La solidarietà imposta dal vincolo matrimoniale (o per le coppie di fatto) si traduce in obbligo di sostegno anche economico reciproco da parte di entrambe le parti. Pertanto, la restituzione del denaro del partner deve avvenire in un clima di libertà e rispetto: in caso contrario, su insistenza e minaccia della parte “titolare del credito”, il rischio è quello di concretizzare il reato di estorsione.
Spetta al giudice valutare da un lato se la condotta tenuta dall’imputato sia tale da incutere timore e paura nella controparte e, dall’altro, valutare le condizioni psicologiche della vittima: nel caso esaminato il ricatto affettivo per estorcere denaro per gli Ermellini era stato correttamente considerato estorsione e provato in giudizio mediante anche messaggi WhatsApp ritenuti attendibili e validi.
Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188
Non si effettua consulenza legale gratuita.
È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale.