In tema di condominio, nel caso di sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano che alteri l’aspetto o il decoro architettonico dell’intero immobile, l’azione diretta ad ottenere la rimozione va esercitata nel termine di venti anni.
I giudici della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civile n. 17035/2012) hanno ribadito un’importante distinzione in materia di sopraelevazione ad opera del proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale o anche del proprietario esclusivo del lastrico solare.
Qualora infatti si verifichi detta situazione, i restanti condomini possono esperire un’azione volta a far accertare come la nuova opera alteri il decoro architettonico dell’intero edificio, con la facoltà di domandarne la rimozione ed il risarcimento del danno.
Detta azione va però esperita prima che sia spirato il termine ventennale, termine oltre il quale il soggetto che ha sopraelevato potrà vedersi riconoscere l’usucapione sulla nuova opera, così potendo conservarla nello stato di fatto in cui si trova.
Diversa, invece, è l’ipotesi in cui i condomini contestino non il pregiudizio subito alle caratteristiche architettoniche dell’immobile comune ma che la sopraelevazione sia avvenuta in presenza di condizioni statiche dell’edificio che non la consentivano.
In questo ultimo caso, “mancando il presupposto stesso della sua esistenza, l’eventuale azione di accertamento negativo in quanto tendente a far valere l’inesistenza del diritto è imprescrittibile”.
Infatti, l’articolo 1127 Codice Civile espressamente esclude la sussistenza del diritto a sopraelevare da parte del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio, allorquando le condizioni statiche dello stabile non consentano detto tipo di intervento.
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