Avere difficoltà a laurearsi è una condizione piuttosto comune: qualche esame più difficile, una distrazione di troppo, un lavoro ingombrante che toglie tempo allo studio… sono molti i motivi che possono portare gli studenti universitari a laurearsi fuori corso. Ma se lo studente non si impegna nello studio e non lavora il padre non è tenuto a mantenerlo: questo quando affermato, ancora una volta, dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza.
Mantenimento del figlio universitario: cosa dice la Cassazione
Con l’ordinanza n. 19955/2024 la Corte di Cassazione ha ribadito un principio ormai assodato da tempo: seppur sussista in capo ai genitori l’obbligo di mantenere i figli studenti universitari non ancora in grado di essere economicamente autosufficienti, tale vincolo decade nel momento in cui questi ultimi non si impegnano negli studi e non danno esami.
Per mantenere il diritto al sostegno finanziario dei genitori, secondo quando affermato dai giudici di legittimità, il figlio deve dimostrare di essersi impegnato nella propria formazione universitaria o di aver attivamente cercato un impiego utile a mantenersi. In particolare, il sol fatto di non avere un impiego e di conseguenza di non potersi mantenere finanziariamente non comporta il diritto del figlio di farsi mantenere dai genitori, essendo maggiorenne e teoricamente in grado di farlo in autonomia. Ciò che viene penalizzato dalla giurisprudenza è in particolare il mancato impegno del figlio, che sia nello studio o nel lavoro.
Mantenimento figlio universitario: il caso
Nel caso esaminato dalla Cassazione il padre aveva chiesto la revoca dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, ufficialmente iscritto all’università ma ancora ben lontano dal laurearsi, seppur fuori corso da anni. Nello specifico l’uomo aveva chiesto di revocare l’assegno che lo studente percepiva ogni mese in seguito al divorzio dei genitori, sottolineando come il figlio fosse ormai adulto e in grado di trovare un lavoro che gli garantisse di mantenersi. Il padre in giudizio aveva fornito la prova che il giovane non stesse seguendo effettivamente né un percorso universitario né professionale, non dando esami e non essendosi attivato nella ricerca di un lavoro qualsiasi.
Come più volte ribadito dalla Corte, infatti, una volta diventati adulti i figli che non studiano hanno l’obbligo di cercarsi un lavoro, anche se non in linea con il proprio percorso di studi o i propri interessi. L’unico modo per continuare a godere del mantenimento del genitore separato e non convivente è quello di fornire prove concrete dei propri studi, tali da impedire il raggiungimento dell’indipendenza economica. Ma nel momento in cui – come nel caso in esame – il percorso formativo non raggiunge neppure la sufficienza risulta essere chiaro il mancato impegno del figlio, tale per cui decade il suo diritto al mantenimento.
La semplice iscrizione all’università, dunque, non viene considerata prova del percorso di studi e non garantisce al figlio di continuare a godere del diritto al mantenimento previsto per legge in capo ai genitori.
Per questi motivi i giudici, esaminate le prove di un lungo percorso di studi universitari che non ha portato al raggiungimento di alcuna laurea né occupazione, accolgono la richiesta del padre revocando il mantenimento goduto dal figlio, ormai di oltre 30 anni.
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