Vacanza sfumata a causa del ritardo ferroviario: inquadramento giuridico sulla responsabilità di Trenitalia
LA SENTENZA
Giudice di Pace di Pescara, sentenza 14 febbraio 2012
Dott.ssa Emilia Maria Della Fazia
Svolgimento del processo
Con l’atto di citazione gli attori esponevano di aver acquistato, presso l’agenzia “Fai Viaggi e Turismo” di Sulmona, un pacchetto turistico, per due persone, con destinazione Grecia, per il periodo dall’01.08.2009 al 10.08.2009.
L’imbarco per la Grecia era previsto da Bari alle ore 20,00 dell’01.08.2009.
Gli attori decidevano di raggiungere Bari in treno e prenotavano, presso la stessa agenzia, i biglietti ferroviari.
Sennonché, il treno IC n. 533, scelto per raggiungere Bari, che sarebbe dovuto arrivare alla stazione di Bari centrale alle ore 18:40, quel giorno arrivava alle ore 20,02. con ben 87 minuti di ritardo.
Tale ritardo impediva agli attori di imbarcarsi per la Grecia e non riuscivano a trovare un altro imbarco o trasporto alternativo, per cui erano costretti a pernottare a Bari e non riuscivano a partire, neppure il giorno successivo, per mancanza di posti liberi.
Pertanto, i Sigg. (…)erano costretti a rinunciare al viaggio.
Al rientro a Sulmona si recavano presso l’agenzia viaggi per cercare di usufruire la parte restante della vacanza, ma ciò non era possibile, poiché il trasporto ferroviario non era compreso nel pacchetto acquistato.
Pertanto, con raccomandata del 10.10.2009, chiedevano a Trenitalia il risarcimento del danno subito.
Su queste premesse gli attori convenivano in giudizio la Trenitalia S.p.A., in persona del legale rappresentante, al fine di sentirla condannare al pagamento in loro favore, della somma di euro 935,00, oltre al ristoro del danno esistenziale, da liquidarsi secondo equità.
Si costituiva in giudizio la convenuta Trenitalia che riconosceva il ritardo, sosteneva che, comunque durante il viaggio si erano verificati accadimenti imprevedibili ed eccezionali, ma nel contempo aveva adottato tutte le azioni correttive possibili, attese anche le difficoltà riscontrate per l’eccessiva affluenza dei viaggiatori, del periodo estivo.
Inoltre, la convenuta faceva rilevare che il trasporto ferroviario trova la sua regolamentazione nel Regolamento CE n. 1371/07, nella Legge n. 911/35 di conversione del R.D.L. n. 1948/34 e nella Legge n. 9/09, allegato art. 3, co. 1 bis, lett. e). L’art. 13 delle condizioni generali di trasporto prevede che, in caso di ritardi e interruzioni, il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, dalla soppressione del treno, da mancata coincidenza, da interruzioni soltanto nei casi e limiti previsti dagli artt. 11 e 12″. Infine la Trenitalia si opponeva al risarcimento del danno esistenziale, per mancanza dei presupposti.
Pertanto la convenuta concludeva per il rigetto delle domande di parte attrice.
La causa veniva istruita avanti il Giudice di Pace di Sulmona che con sentenza n. 75/11 del 30.03.2011 declinava la propria competenza per territorio a favore del Giudice di Pace di Pescara.
La causa veniva tempestivamente riassunta dagli attori.
Si costituiva nuovamente la convenuta Trenitalia che insisteva nelle proprie richieste.
Fallito il tentativo di conciliazione, veniva acquisito il fascicolo d’ufficio del procedimento n. 220/10 svolto avanti il Giudice di Pace di Sulmona, in modo da non rinnovare l’istruttoria già svolta, e all’udienza del 31.01.2012, previa precisazione delle conclusioni, la causa veniva riservata per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e viene accolta nei limiti che di seguito vengono meglio specificati.
Le lamentele degli attori nei confronti della convenuta, per non aver ottenuto l’esatto adempimento del contratto di trasporto ferroviario da loro concluso, con l’acquisto dei biglietti a Sulmona, per recarsi da Pescara a Bari trovano riscontro dalle risultanze processuali.
In modo particolare dalla testimonianza resa dalla Sig.ra (…) avanti il Giudice di Pace di Sulmona, all’udienza del 18.02.2011.
Tale teste ha riferito, tra l’altro, che gli attori avevano chiesto una soluzione alternativa, senza esito alcuno.
La società Trenitalia ha rifiutato il risarcimento assumendo che il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato, trova la sua regolamentazione nella legge speciale R.D.L. n. 1949 dell’11.10.1934. convertito dalla legge n. 911/1935, che all’art. 11, prescrive che il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivandogli dal ritardo, dalla soppressione del treno, da mancata coincidenza, da interruzioni esclusivamente nei casi e nei limiti previsti dagli artt. 9 e 10, qualunque sia la causa e l’inconveniente che dà luogo alla domanda di indennizzo. Dette norme limitano il risarcimento, in favore del viaggiatore, al rimborso del biglietto qualora non sia stato effettuato il viaggio o al riconoscimento di una percentuale sul costo del biglietto a seconda della durata del ritardo.
Tale normativa non può essere condivisa, al riflesso che la responsabilità della Trenitalia nei confronti del passeggero ha natura contrattuale, in quanto l’acquisto del biglietto determina la nascita di un” rapporto contrattuale, poiché quest’ultimo configura il prezzo pubblico, per l’utilizzazione del servizio. In tale relazione contrattuale l’utente si obbliga a pagare il prezzo per l’utilizzo del servizio e la Trenitalia si impegna ad eseguire la controprestazione.
Nel caso in cui la prestazione oggetto del contratto di viaggio non venga seguita l’utente ha, quindi, diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Passando alla quantificazione del quantum, gli attori per quanto attiene al danno patrimoniale hanno diritto al rimborso della spesa sostenuta risultante dalle ricevute prodotte in giudizio, pari a euro 935,00 (cioè euro 757,00 per il costo del pacchetto della vacanza non goduta, euro 63,00 per le spese di pernottamento, euro 115,00 per l’acquisto dei biglietti del treno andata ritorno).
Inoltre, agli attori viene riconosciuto il danno da vacanza rovinata che è qualcosa di diverso e ulteriore rispetto al semplice pregiudizio economico.
Esso si configura come un danno non patrimoniale (morale soggettivo) che viene definito come quello dovuto allo stress, un disagio ed una sofferenza transeunti per lo stravolgimento delle aspettative della qualità e della serenità della vacanza che non è stata goduta, per inadempimento contrattuale della Trenitalia.
Di recente, rispetto alle precedenti interpretazioni restrittive dell’art. 2059 c.c., si assiste ad una inversione di tendenza diretta ad ammettere la risarcibilità del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, anche a prescindere dall’esistenza di un reato.
Pertanto, il danno esistenziale viene liquidato equitativamente in euro 500,00.
L’art. 1227 c.c. nello stabilire che il risarcimento non è dovuto per i danni subiti dal creditore per colpa propria, obbliga con ciò stesso il giudice ad accertare tutti i fattori causali del pregiudizio, così da imporgli di indagare d’ufficio sull’eventuale concorrenza di colpa del danneggiato e della sua incidenza sulla genesi del danno.
In citazione, gli attori hanno riferito che in quel periodo (01.08.2009) era prevedibile un traffico intenso per cui avevano deciso di raggiungere Bari in treno ma non hanno tenuto conto che le stesse problematiche potevano riproporsi anche viaggiando in treno.
Quindi, i Sigg. (…) dovevano calcolare che il treno da loro scelto poteva arrivare a destinazione in ritardo, il treno viaggiava già in ritardo alla stazione di Pescara, gli attori avrebbero dovuto rivolgersi al personale delle Ferrovie dello Stato in modo da cercare rapidamente altri treni alternativi per raggiungere, nel più breve possibile, Bari o servizi sostitutivi, così evitare di perdere rimbarco per la Grecia.
Inoltre, potevano anticipare la partenza in modo da evitare gli inconvenienti sopra lamentati.
Per quanto sopra, tenuto conto del pari concorso di colpa, il danno complessivo sopra liquidato in euro 1.435,00 deve essere ridotto del 50%.
Pertanto, la convenuta viene condannata al pagamento in favore degli attori della somma di euro 717.50, oltre agli interessi legali dal deposito della presente sentenza al soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Pescara, definitivamente pronunciando sulla domanda promossa da (…) nei confronti della Trenitalia S.p.A., in persona del legale rappresentante, così provvede:
– accoglie la domanda e per l’effetto condanna la Trenitalia S.p.A. a pagare in favore degli attori la somma di euro 717,50, oltre interessi legali da oggi al soddisfo;
condanna la convenuta Trenitalia S.p.A. al pagamento, in favore degli attori, delle competenze di giudizio che liquida in complessivi euro 500,00 di cui euro 50.00 per esborsi, euro 300.00 per diritti ed euro 150.00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.a.p. come per legge.
IL COMMENTO
Il caso
Con atto di citazione ritualmente notificato, i sigg.ri Tizio e Caia convenivano innanzi al Giudice di Pace di Sulmona Trenitalia SpA “affinché fosse condannata al pagamento della somma di Euro 935,00, oltre al ristoro del danno esistenziale, da liquidarsi secondo equità”.
Nell’atto di citazione, gli attori, assumevano:
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di aver acquistato dalla Y SrL un pacchetto turistico per il periodo dal 01/08/2009 al 10/08/2009, per la Grecia;
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che l’imbarco era previsto da Bari alle ore 20,00 del 01/08/2009;
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di aver deciso di raggiungere Bari in treno e, a tal fine, di aver acquistato, presso la stessa agenzia, i biglietti ferroviari;
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il treno IC n.533 scelto per raggiungere Bari avrebbe dovuto arrivare alle ore 18,40; sennonché, era arrivato a Bari con un ritardo di ben 87 minuti, ossia alle ore 20,02, con conseguente impossibilità per gli attori di imbarcarsi per la Grecia;
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che non riuscendo a trovare un altro imbarco o trasporto alternativo, gli attori erano costretti a pernottare a Bari;
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che non riuscendo a reperire, neppure per il giorno successivo, posti liberi sul traghetto erano costretti a rinunciare al viaggio;
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che con raccomandata del 10/10/2009, i sigg.ri Tizio e Caia chiedevano a Trenitalia Spa il risarcimento del danno subito ma la richiesta rimaneva priva di alcun riscontro.
Istauratosi il procedimento, si costituiva la convenuta che, pur riconoscendo il ritardo, eccepiva il verificarsi di accadimenti imprevedibili ed eccezionali, ai quali aveva cercato con ogni mezzo di porre rimedio nonostante le difficoltà riscontrate per l’eccessiva affluenza dei viaggiatori del periodo estivo.
Trenitalia, inoltre, rilevava, che il trasporto ferroviario trovava la sua regolamentazione nel Regolamento CE n.1371/07, nella Legge n.911/35 di conversione del R.D.L. n.1948/34 e nella Legge n.9/09 allegato art.3, comma 1bis, lett.e); che l’art. 13 delle condizioni generali di trasporto (D.L. del 13/12/1956) prevede che, in caso di ritardi o interruzioni, il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, soppressione del treno, da mancata coincidenza, da interruzioni, soltanto nei casi e limiti previsti dagli artt.11 e 12.
Infine, la convenuta si opponeva al risarcimento del danno esistenziale, per mancanza dei presupposti.
Sulla normativa applicabile al contratto di trasporto di persone su ferrovia
La società Trenitalia rifiutava, quindi, il risarcimento del danno assumendo che il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato, trovava la sua regolamentazione nella legge speciale R.D.L. n.1948 dell’11/10/1934 convertito dalla legge n.911/1935 che all’art.11 prescrive che il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, soppressione del treno, da mancata coincidenza, da interruzioni, esclusivamente nei casi e limiti previsti dagli artt.9 e 10, qualunque sia la causa e l’inconveniente che dà luogo alla domanda di indennizzo.
L’art.11 dispone che “le interruzioni di linea, le soppressioni dei treni in orario e i ritardi vengono portati a conoscenza del pubblico nei limiti del possibile, indicandone la presumibile durata e comunicando gli eventuali trasporti alternativi”; inoltre, prevede che “quando in seguito al ritardo il treno è soppresso su tutto o parte del percorso, le FS possono autorizzare il viaggiatore a valersi dell’altro treno immediatamente successivo per cui il biglietto non sarebbe valido senza il pagamento di un sovrapprezzo […]. Qualora il viaggiatore intenda rinunciare alla prosecuzione del viaggio ha diritto al rimborso di cui al paragrafo 2 dell’art.12”.
Quest’ultimo prevede “il rimborso del prezzo totale pagato solo quando la partenza del treno sia ritardata di un’ora o il treno venga soppresso, mentre prevede il rimborso parziale del prezzo del biglietto quando questo sia stato parzialmente utilizzato dal viaggiatore, il quale avrà diritto alla differenza tra il prezzo pagato e quello dovuto per il percorso effettuato solo quando a) sia impedito di continuare il viaggio per mancata coincidenza dipendente dal ritardo o dalla soppressione del treno o da interruzioni del servizio e non intenda avvalersi dei mezzi che, secondo il disposto dell’art.11, FS gli offrano; […] c) salvo quanto diversamente disposto dalle singole tariffe, quando il viaggiatore, per fatto proprio, non possa proseguire il viaggio, purché la mancata prosecuzione sia fatta constatare alle FS, sotto pena di decadenza, all’atto di interruzione e la causa dell’impedimento sia debitamente comprovata”.
A riguardo, occorre brevemente soffermarsi sulla disciplina del contratto di trasporto.
L’art. 1680 c.c. afferma che le disposizioni codicistiche si applicano “anche ai trasporti per via d’acqua o per via d’aria e a quelli ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal codice della navigazione e dalle leggi speciali”.
Pertanto, in applicazione del principio espresso dal brocardo “lex specialis derogat generali“, nonché per quanto espressamente previsto dall’art. 1680 c.c. citato, fino al 1992 era pacifico che il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato trovasse la sua regolamentazione nella legge speciale R.D.L. n.1948 dell’11/10/1934 convertito dalla legge n.911/1935.
Nel 1992, però, le FF.SS si sono trasformate in SpA, trasformandosi così da soggetto pubblico a soggetto di natura privatistica.
Tale trasformazione dell’Ente FS in SpA, avvenuta con il d.l. dell’11/07/1992 n.333 (convertito nella L. n.359/1992), in assenza di un’esplicita norma che identifichi tale SpA con il precedente Ente, ha posto in discussione l’applicabilità della predetta disciplina speciale al nuovo soggetto.
Parte della dottrina ha infatti ritenuto che tale trasformazione avrebbe comportato la creazione di un nuovo soggetto di diritto, completamente diverso da quello che gestiva il servizio ferroviario nazionale, con conseguente inapplicabilità della normativa speciale per difetto del presupposto soggettivo.
Altri autori sostengono, invece, che la trasformazione avrebbe riguardato solo l’aspetto formale della struttura ma non la natura del servizio, che resta pubblico perché la società esercita per concessione dello Stato.
Tale incertezza è evidenziata nelle pronunce di merito, che non offrono una panoramica unanime e coerente circa la disciplina applicabile alle richieste di risarcimento danni avanzate dai viaggiatori nei confronti di Trenitalia in seguito ai disservizi subiti durante lo svolgimento del tragitto ferroviario.
Sebbene con motivazioni diverse, si assiste comunque ad un indirizzo prevalente formato dalle pronunce del Giudice di Pace (giudice normalmente competente per valore a conoscere di tali controversie) che ritiene non applicabile la normativa speciale a favore di quella generale prevista dal Codice Civile.
Purtroppo su tale questione non è ancora intervenuta la Corte di Cassazione la quale – pronunciandosi in merito ad un ricorso proposto da Trenitalia avverso ad una sentenza del Giudice di Pace di Roma (1) che, in accoglimento della domanda di un viaggiatore, aveva condannato la società di trasporti ad un risarcimento superiore a quello previsto dalla normativa speciale – anziché dirimere la questione relativa alla (attuale) applicabilità della normativa speciale dettata per il trasporto ferroviario, rigettava il ricorso proposto da Trenitalia per aver il Giudice di Pace deciso la causa secondo equità (2).
Neppure la Corte Costituzionale, investita della questione, ha dato una risposta a tale interrogativo: rimessa infatti la questione sulla legittimità costituzionale dell’art. 11, prf. 1, R.D.L. 11/10/34 n. 1948 (ovvero della norma che limita il risarcimento del danno a favore del viaggiatore), la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per carenza di motivazione nella proposizione del quesito sottopostole (3).
Ciò premesso, e seppur in assenza di una interpretazione autentica circa la normativa applicabile, a parere di chi scrive è corretto seguire il ragionamento logico-giuridico sviscerato nella sentenza del Giudice di Pace di Belluno del 27/10/2008, che ha deciso un caso del tutto simile a quello in esame (4).
In quel caso il Giudice, dopo aver cristallizzato l’incertezza della normativa applicabile al caso de quo, si è retoricamente chiesto se il fatto che Trenitalia Spa eserciti un servizio pubblico renda ammissibile una deroga alla normativa generale di cui agli artt. 1256 c.c. (estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta) (5) e 1453 c.c. (risoluzione del contratto per inadempimento) (6).
Ed invero, l’applicazione della normativa speciale relativa ai trasporti ferroviari, non solo derogherebbe la disciplina dettata dall’art. 1680 c.c. relativa ai trasporti – deroga ammessa per espressa previsione dello stesso articolo di legge – ma anche tutti i principi che regolano la normativa generale dettata dal Codice Civile relativa ai contratti ed ai rimedi esperibili in caso di inadempimento.
Al di là delle questioni fino ad ora analizzate, occorre considerare anche un altro aspetto: le norme di cui al R.D.L. n.1948/1934, anche ove ritenute applicabili al nuovo soggetto giuridico Trenitalia Spa, introdurrebbero una disciplina vessatoria nei confronti del consumatore, prevedendo un limite alla responsabilità del “professionista” in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte con la stipula del contratto, tali da essere definite nulle ai sensi dell’art. 36 del Codice del Consumo.
Ed infatti, nel 2005, entra il vigore il Codice del Consumo che, agli artt. 33 e seguenti, disciplina le clausole vessatorie dei contratti tra professionista e consumatore, originariamente regolate agli art.1469 bis c.c. e seguenti.
L’art. 33 del Codice del Consumo definisce “vessatorie, fino a prova contraria, le clausole che, malgrado la buona fede del professionista, determinano a carico del consumatore uno squilibrio dei diritti ed obblighi significativo”.
Il Codice ha introdotto l’esplicita menzione della sanzione della nullità per queste clausole abusive.
Si tratta di una figura di nullità particolare, in quanto si contraddistingue per operare solo a vantaggio del consumatore, e lasciando comunque efficacie ed inalterato il resto del contratto concluso tra le parti.
La nullità della clausola vessatoria è inoltre espressamente rilevabile dal Giudice d’ufficio, e potrà quindi essere rilevata (e sanzionata) anche in assenza di esplicita impugnazione da parte del consumatore.
Sul punto, va segnalata ancora una volta la sentenza del Giudice di Pace di Belluno secondo cui, anche volendo ammettere un’astratta derogabilità della normativa codicistica in favore della disciplina dettata dal R.D.L. n. 1948/34, non si potrebbe certamente ammettere che la dicitura stampata dietro ai biglietti consenta la deroga degli artt.33, 34, 35 e 36 del Codice del Consumo, i quali pongono a tutela del Consumatore in generale condizioni molto rigorose (7).
Pertanto, aderendo alle considerazioni del Giudice di Pace di Belluno sulla vessatorietà e nullità delle clausole limitative della responsabilità della Spa Trenitalia si riaffermerebbe l’applicabilità della normativa generale, con conseguente condanna della società di trasporti al risarcimento di tutti i danni subiti dall’utente a causa dell’inadempimento o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la stipulazione del contratto di trasporto.
Nella sentenza in esame, il Giudice di Pace di Pescara nulla dice circa la diatriba esistente sull’applicabilità o meno della legge generale anziché della legge speciale, né della eventuale nullità della clausola di limitazione di responsabilità in quanto vessatoria rispetto ai diritti sanciti dal D.Lgs. n. 206/2005: al contrario, si limita a riferire che la responsabilità di Trenitalia nei confronti del passeggero debba ritenersi di natura contrattuale – nascendo dall’acquisto da parte del viaggiatore del biglietto – e pertanto, in caso di inadempimento dell’obbligazione assunta, l‘utente abbia diritto a vedersi riconoscere il danno patrimoniale e non patrimoniale.
Se il ragionamento logico-giuridico adottato dal Giudice di Pace di Belluno si ritiene possa trovare ampi consensi, non così la motivazione riportata nella sentenza qui in esame, che fa derivare l’applicabilità della normativa generale al mero riconoscimento di un rapporto contrattuale intercorso tra le parti.
Sui danni risarcibili: danno patrimoniale e non patrimoniale
Ritenendo, quindi, applicabile la normativa codicistica relativa alla responsabilità contrattuale, il Giudice affronta la tematica delle voci di danno risarcibili, nonché della loro quantificazione.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, il Giudice ritiene che gli attori abbiano diritto al rimborso del costo sostenuto per l’acquisto del pacchetto di viaggio di cui non hanno potuto godere, delle spese di pernottamento e delle spese sostenute per l’acquisto dei biglietti ferroviari rivelatisi inutili, quantificando il danno subito nell’importo risultante dalle ricevute prodotte in giudizio.
Per quanto riguarda il danno non patrimoniale il Giudice di Pescara ritiene di riconoscere agli attori il danno da vacanza rovinata, giustificandolo quale conseguenza dell’inadempimento contrattuale di Trenitalia, ammesso a seguito di una “inversione di tendenza” “rispetto alle precedenti interpretazioni restrittive dell’art.2059 c.c.” “diretta ad ammettere la risarcibilità del danno non patrimoniale da vacanza rovinata anche a prescindere dall’esistenza di un reato”.
L’applicazione in questo contesto e, soprattutto, con le motivazioni addotte, del danno morale da vacanza rovinata non è assolutamente condivisibile.
Al riguardo si rileva come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n°26972 del 11/11/2008 abbiano preso posizione sull’importante questione del risarcimento del così detto “danno esistenziale”, riesaminando anche più in generale i presupposti ed il contenuto della nozione di “danno non patrimoniale” di cui all’art. 2059 c.c..
Con questa decisione la Corte ha, in primo luogo, ribadito che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nelle ipotesi previste in modo espresso dalla legge nonché in quelle ipotesi in cui la risarcibilità del danno non patrimoniale, pur non espressamente prevista da una norma di legge, è ammessa sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.2059 c.c., per avere il fatto illecito violato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione (8), negando così la risarcibilità dei danni non patrimoniali “bagattellari, ossia futili od irrisori, ovvero causati da condotte prive della gravità” avvertendo che “la liquidazione, specie nei giudizi decisi dal Giudice di Pace secondo equità, di danni patrimoniali non gravi o causati da offese non serie, è censurabile in sede di gravame”.
Nel nostro ordinamento, il “danno da vacanza rovinata”, è normalmente riconosciuto ed applicato in presenza di inadempimento (o inesatto adempimento) delle obbligazioni assunte dall’organizzatore del viaggio con la stipulazione di un pacchetto turistico tutto compreso, in virtù del quale l’organizzatore si obbliga a procurare al viaggiatore una genericità di servizi diretti e finalizzati al godimento della vacanza.
La risarcibilità di tale voce di danno nei pacchetti “tutto compreso” dipende dal fatto che il danno non patrimoniale rientra tra i “casi previsti dalla legge”.
Infatti, sebbene il risarcimento del danno morale da vacanza rovinata sia stato per la prima volta dichiarato dalla nota sentenza della Corte di Giustizia CE 12 marzo 2002 n. C-168/00, sotto il profilo normativo tale figura di danno era già stata riconosciuta dalla legge 27 dicembre 1977 n. 1084, di esecuzione della Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 alla quale fa espresso rinvio l’art.15 del D.lgs. 111/1995, attuativo della Direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”, le cui disposizioni sono dapprima confluite nel Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) e, da ultimo, riprese nel Codice del Turismo (D. Lgs. 23 maggio 2011, n. 79), in particolare nell’art. 47.
Detta disciplina, dettata e riconosciuta esclusivamente per i viaggi “tutto compreso”, non può essere applicata in via analogica al contratto di trasporto, in cui l’obbligazione del vettore è solo quella di trasferire da un luogo all’altro il viaggiatore ed il bagaglio.
Non si deve dimenticare infatti che il viaggio acquistato dagli attori del procedimento in esame non comprendesse il percorso ferroviario, acquistato separatamente dagli attori medesimi, e non costituisse, pertanto, parte del pacchetto turistico.
Riprendendo la sentenza del Giudice di Pace di Belluno, si rileva che in quella decisione il riconoscimento del danno non patrimoniale riconosciuto all’attore fosse giustificato quale violazione di un diritto – quello alla libera circolazione sul territorio dello Stato – costituzionalmente qualificato e garantito.
Sebbene anche tale tesi possa apparire non del tutto condivisibile – in quanto si presta alla facile obiezione che non vi sia stato un impedimento alla libera circolazione sul territorio nazionale nella maniera intesa dalla Costituzione – vi è da apprezzare lo sforzo interpretativo operato da detto Giudice al fine di fondare la risarcibilità del danno non patrimoniale.
Al contrario, il Giudice di Pace di Pescara, ne riconosce la risarcibilità in base alla circostanza che gli attori, a causa dell’inadempimento contrattuale, abbiano subito “stress, disagi e sofferenze per lo stravolgimento delle aspettative della qualità e serenità della vacanza che non è stata goduta”, ignorando, totalmente, l’orientamento, in tema di risarcibilità del danno non patrimoniale delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26972 del 11/11/2008.
Sull’applicazione dell’art.1227 c.c.
Dopo aver riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale, quantificato sulla base della documentazione prodotta, ed il danno non patrimoniale, quantificato in via equitativa, il Giudice di Pace di Pescara ritiene di dover applicare una diminuzione del danno risarcibile sulla base del concorso di colpa dei danneggiati sancito dall’art. 1227 c.c. (9)
Il Giudice ha infatti ritenuto che il comportamento degli attori non potesse essere qualificato come esente da colpa applicando, quindi, la riduzione del 50% dell’importo liquidato a titolo di risarcimento.
Conclusioni
In conclusione, ritiene la scrivente che tale sentenza abbia errato nella qualificazione e giustificazione delle norme giuridiche applicate per dirimere il caso concreto sottoposto all’attenzione del Giudicante: sebbene possa dirsi corretta, sulla base delle considerazioni sopra svolte, l’applicazione dei criteri generali di diritto anziché quelli dettati dalla normativa speciale prevista per i trasporti ferroviari – da ritenersi ormai inapplicabile sia sotto il profilo soggettivo ma soprattutto per la violazione alla tutela speciale introdotta a favore del consumatore – il ragionamento addotto nelle motivazioni della sentenza in esame non può essere condiviso.
Così come appare privo di fondamento e di idonea motivazione il riconoscimento del danno da vacanza rovinata, in assenza di un pacchetto turistico “tutto compreso” che ne giustifichi il riconoscimento ed in assenza della riconducibilità di detto danno ad un interesse garantito dalla Costituzione.
NOTE
(1) Giudice di Pace di Roma, sentenza del 18/12/2000;
(2) Cass. Civ. sez. III, sent. 12/05-11/11 2003 n. 16945. Interessanti le motivazioni di ricorso proposte da Trenitalia che chiedevano l’accertamento della “nullità della sentenza resa in via equitativa in ordine alla sua motivazione in quanto carente e/o incongruente ai sensi dell’art.360 n.4 cpc; in particolare, la motivazione secondo la quale le FFSS si sono trasformate in SpA e perciò devono applicarsi le norme civilistiche sul contratto di trasporto e sull’inadempimento del medesimo è semplicistica e non consente di individuare la ratio decidendi. Invece l’art. 1680 c.c. prevede che la disciplina codicistica possa essere derogata dalla normativa speciale per alcuni tipi di trasporto, tra cui quello ferroviario, senza che le relative leggi speciali possa essere sospettate di incostituzionalità perché, come ha stabilito la Corte Costituzionale sono dettate nell’interesse generale, in quanto oneri eccessivi inciderebbero sulle tariffe”.
(3) Corte Cost. 6/7/1999 n. 372
(4) Sentenza del Giudice di Pace di Belluno, Avv. Fabrizio Schioppa, del 27/10/08
(5) Ai sensi dell’art. 1256 c.c. “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
(6) Ai sensi dell’art. 1453 c.c. “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.
(7) Dispone il Giudice di Pace di Belluno, nella sentenza del 27/10/08 citata che ” E’ palese, infatti, che quanto stampato sul retro dei biglietti del treno non consente al viaggiatore, (che, peraltro, quant’anche li legga, li ha già acquistati) di prendere adeguata conoscenza di una normativa che, in sostanza, limita fortemente, fino quasi ad escluderla, la responsabilità di Trenitalia per inadempimento o ritardo nell’adempimento”.
(8) Secondo la sent. Cass. S.U. n. 26972/2008 “il danno non patrimoniale è risarcibile a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesioni di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ho inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento; c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal Giudice”.
Ed inoltre:“il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.2059 c.c. – anche quando non sussiste un fatto – reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale; b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto, il dovere di solidarietà di cui all’art.2 Cost. impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); c) che il danno non sia futile, vale a dire non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o della felicità”
(9) L’art. 1227 c.c. dispone che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne è derivata. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando la normale diligenza”.
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ARTICOLO PUBBLICATO SULLA RIVISTA IL GIUDICE DI PACE DI IPSOA EDITORE
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