Vendere prodotti derivanti dalla cannabis light è ufficialmente un reato: a stabilirlo è la Corte di cassazione, le cui sezioni penali si sono finalmente espresse sulla questione mediante l’informazione provvisoria n.15/2019.
Cannabis Light: la Cassazione si pronuncia
Se n’è molto parlato e discusso, finalmente in questi giorni la Corte si è pronunciata in merito allo scottante ed attuale tema della cannabis light.
La questione controversa
Il 30 Maggio 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla controversa questione se la commercializzazione di cannabis sativa L – la c.d. “cannabis light” – rientri o meno, e sì, in quali eventuali limiti, nell’ambito di applicabilità della legge n.242/2016 e se siano pertanto penalmente irrilevanti ai sensi di questa norma.
La legge n.242/2016 è relativa al sostegno e alla promozione della coltivazione e della filiera della canapa (cannabis sativa L) intesa come cultura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo del suolo e della perdita della biodiversità. La legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
La soluzione trovata dalla Corte
La soluzione adottata dalla Corte prevede che la commercializzazione di cannabis light, ed in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242/2016, in considerazione del fatto che quest’ultima qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole che tassativamente elenca i derivati commerciabili.
Secondo la Corte, quindi, la suddetta vendita integra il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n.309/1990, inerente fatti di lieve entità riguardanti sostanze stupefacenti. Si tratta di un’ipotesi autonoma di reato avente un trattamento sanzionatori più mite rispetto al reato di spaccio, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Le condotte di cessione, di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis può quindi produrre queste conseguenze penali, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante.
Come valutare la lieve entità riferita alla vendita di cannabis Light?
In tema di stupefacenti, il riconoscimento del reato di cui all’art. 73 del D.P.R. n.309/1190 richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, con particolare riferimento ai mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento anche al grado di purezza, così da poter valutare il grado di lieve entità.
Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188
Non si effettua consulenza legale gratuita.
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato.