Videosorveglianza: aspetti legali

Il Garante per la protezione dei dati personali ha tracciato l’area all’interno della quale l’installazione di impianti di videosorveglianza non è lesiva del diritto alla riservatezza attraverso l’emanazione, nell’aprile del 2004, di un provvedimento di carattere generale, nel quale individuava i principi guida applicabili a questa materia nonché nel provvedimento del maggio del 2008 denominato “Segnalazione al Parlamento e al Governo sulla videosorveglianza nei condomini”, nel quale il Garante invitava il Parlamento ed il Governo a regolamentare l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza delle aeree comuni, invito che ancora oggi non è stato accolto né dal Parlamento né dal Governo.
Il Garante, in particolare, ha sostenuto che l’installazione di sistemi di videosorveglianza in un condominio dovesse rispettare la normativa penale vigente, ricordando espressamente l’art. 615–bis c.p. rubricato “Interferenze illecite nella vita privata”, ai sensi del quale:
Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
I Giudici della Corte di Cassazione Penale nella sentenza n. 44156 del 2008, hanno statuito che non risponde del reato di cui all’art.615-bis c.p. il condomino che installi per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dell’intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell’edificio.
Il Collegio, nella sentenza in commento, ha preso spunto da quanto affermato, in tema di ambito domiciliare e riservatezza, dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza n.26795 del 28/03/2006 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.149 del 2008; quest’ultima, in particolare, tornando ad occuparsi della natura indebita delle riprese di comportamenti non comunicativi ai fini della loro utilizzabilità come prove ha osservato che “l’art.14 della Costituzione tutela il domicilio sotto due distinti aspetti: come diritto di ammettere o escludere altre persone da determinati luoghi in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi”.
“ Nel caso delle riprese visive, il limite costituzionale del rispetto della inviolabilità del domicilio viene in rilievo principalmente sotto il secondo aspetto, ossia […] come presidio di un’intangibile sfera di riservatezza, che può essere lesa – attraverso l’uso di strumenti tecnici – anche senza la necessità di una intrusione fisica”.
“Affinché scatti la protezione dell’art.14 della Costituzione, non basta che un certo comportamento venga tenuto in luoghi di privata dimora; ma occorre altresì che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ai terzi.
Per contro, se l’azione – pur svolgendosi in luoghi di privata dimora – può essere liberamente osservata dagli estranei senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può accampare una pretesa alla riservatezza
” (Corte Costituzionale n.149/2008).
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, nell’interpretazione della norma di cui all’art. 615-bis c.p., bisogna fare applicazione delle enunciazioni giurisprudenziali secondo cui “deve escludersi una intrusione, tanto nella privata dimora quanto nel domicilio con riferimento a video riprese aventi ad oggetto comportamenti tenuti in spazi di pertinenza dell’abitazione di taluno ma di fatto non protetti dalla vista degli estranei, giacché per questa ragione tali spazi sono assimilabili a luoghi esposti al pubblico, la percettibilità all’esterno dei comportamenti in essi tenuti facendo venir meno le ragioni della tutela domiciliare”.
Ciò premesso “la ripresa delle aree comuni non può di conseguenza ritenersi in alcun modo invasiva della sfera privata dei condomini ai sensi dell’art. 615-bis c.p. giacché la indiscriminata esposizione alla vista altrui di un’area che costituisce pertinenza domiciliare che non è deputata a manifestazioni di vita privata esclusive è incompatibile con una tutela penale della riservatezza”.
Per quanto riguarda la disciplina cui far riferimento per l’installazione di un impianto di videosorveglianza, bisogna ribadire la mancanza all’interno dei nostri codici di regole ben precise per cui, fino a quando Governo e Parlamento non risponderanno all’invito del Garante e provvederanno a regolamentare la materia non si potrà che far riferimento ai principi generali.
Per tale ragione, come molti autorevoli autori sostengono, la potestà decisionale sussiste solo in capo all’assemblea dei condomini; la relativa delibera, poiché l’installazione di videosorveglianza, ai sensi dell’art. 1120 c.c. può essere considerata una innovazione diretta al miglioramento ed all’uso più comodo delle cose comuni, deve essere adottata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio ed il due terzi del valore dell’edificio, ai sensi dell’art.1136 c.c..
Per quanto concerne la ripartizione delle spese per l’installazione di impianti di videosorveglianza è possibile aderire all’opinione che segue la linea generale stabilita dall’art. 1123 c.c. ossia “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione”.
Si ribadisce il fatto che tali indicazioni sono legate alla mancanza di una regolamentazione della materia da parte del legislatore, per cui potranno essere modificate dalla successiva introduzione di una disciplina ad hoc.

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